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Il critico
d'arte Franco Grasso
(Palermo 1913 - 2007)
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Se qualcuno avesse cancellato, da questi
quadri esposti al Palazzo del Turismo, la firma di Christian Hess, e dal
catalogo i testi di Leonardo Sciascia e Marcello Venturoli e la
documentazione biografica di Domenico Ardizzone, sarebbe veramente una
fatica impossibile identificarne l’autore.
E ciò non solo perché la retrospettiva
in questione rimette improvvisamente in luce un artista ingiustamente
dimenticato e che intanto sembra vissuto accanto a noi nella nostra
terra in un qualsiasi momento dell’ultimo mezzo secolo, ma perché su
ambientazioni in massima parte siciliane e su un terreno decisamente
realista affiorano di continuo i più disparati motivi espressionisti,
cubisti, futuristi, novecentisti in così fitto intreccio da rendere
ardua la ricognizione senza l’ausilio di dati biografici.
Ma prima di apprenderli proviamo a
leggere le opere che più fanno spicco. Ad esempio “L’Indovino”, un
quadro risplendente nei colori della luce mediterranea - i gialli
solari, gli azzurri del mare e del cielo, i rossi accesi, le noti
ardenti di una fiancata di carretto - e carico di personaggi tipicamente
siciliani, come il pescatore dalle rughe marcate, l’indovinaventura con
la gabbietta del merlo ammaestrato e la tromba, un uomo scuro e baffuto
con la testa avvolta come un arazzo, le ragazze e i fanciulli dai
capelli corvini: sembra di assistere ad una scena della Cala o del Borgo
vissuta da un uomo che ha dimestichezza col nostro popolo.
Ed ecco il Nettuno di Messina
giganteggiante come un Colosso di Rodi tra i ferry-boats dello Stretto,
e il pescatore cotto dal sole che spinge a ritmo il suo remo; e il
povero ladruncolo colto dal carabiniere; e i fichidindia impiantati sul
paesaggio di argilla rossa arido come un deserto; e i pescatori di
Taormina che riparano reti, simili a quelli di Saro Mirabella.
Ma accanto a queste opere (e nelle
stesse, in taluni elementi) ne spuntano altre rilevanti ben diverse
suggestioni: e intanto in alcune la luce solare non riesce a trionfare
sui toni lividi, su certi rossi applicati al di fuori del bagno
atmosferico, sui segni scuri e crudi, su certe asprezze espressioniste
che drammatizzano le figure o tormentano con tempestose pennellate le
stesse pale dei fichidindia. E ad un tratto appaiono aperti riferimenti
picassiani, o nature morte decomposte alla maniera cubista e ricomposte
magari alla maniera di Severini.
Fortunatamente i dati biografici ci
danno la chiave per riallacciare in un discorso unitario queste
componenti spesso discordanti.
Nato a Bolzano nel 1895 Christian Hess
impara il mestiere, nel primo dopoguerra, a Monaco in un ambiente
permeato dai fermenti delle avanguardie espressioniste.
Amico di Beckmann diviene uno dei
promotori del movimento Juryfreie (“fuori giuria”) aperto alle più varie
aree culturali, da Picasso a Miro a Ernst, agli insegnamenti del Bauhaus.
Una serie di viaggi porta il giovane artista dalla Germania all’Austria,
alla Svizzera, all’Italia, sino alla scoperta della Sicilia, dove scende
ben quattro volte dal ’25 in poi, per poi stabilirvisi più a lungo. A
Messina, quando nel 1933 Hitler decreta la persecuzione dell’“arte
degenerata”. In Svizzera nel ’38 col precipitare degli eventi viene
rimpatriato in Germania e arruolato nei servizi sedentari; gravemente
ammalato passa dall’ospedale ad Innsbruck dove un bombardamento
americano, nel ’44 lo seppellisce tra le macerie.
Questo breve cenno alla sua esistenza
travagliata e desiderosa di libertà a spiegare gli aspetti compositi
dell’arte di Hess che sulle solide radici realiste-espressioniste,
innesta le più varie esperienze francesi e italiane e le matura infine
in terra siciliana. Il suo percorso presenta indubbiamente analogie con
quello del gruppo realista siciliano, attivo sin dagli anni trenta, ma
con una rotta per certi aspetti inversa. Guttuso e gli altri dalla
Sicilia provinciale si andavano aprendo alle esperienze europee e per
completarle si allontanavano dall’Isola in cerca di più stimolanti
contatti culturali; Hess porta qui ciò che aveva assimilato in Europa e
vive nell’isola la sua più felice stagione.
Franco Grasso
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