Kritik

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Mostre d'arte

Hess, un pittore fra due culture
Giuseppe Servello
  

Giornale di Sicilia
Palermo, 29 novembre 1974

 

Un angolo della Mostra della Riscoperta di Hess
nel Palazzo del Turismo di Palermo (1974)

Un paio di anni fa mi accadde di essere invitato
a Messina per vedere le opere di un pittore praticamente sconosciuto, tedesco di origine
e divenuto, nel tempo, che va dal 1925 al 1937, siciliano con qualche ramo di elezione.
Si cercava di catalogarne il lavoro, rimettendo insieme le tessere di un mosaico denso e pieno in molte parti e lacunoso in altre. Il pittore Christian Hess, quasi coetaneo di Max Beckmann, era stato in buon sodalizio con questo artista, aveva aderito al movimento dello Juryfreie, in Germania aveva partecipato a mostre notevoli fino al momento in cui Hitler aveva deciso di bruciare l’arte degenerata e si era poi allontanato lentamente dalla sua terra (ma non per sua colpa). Nel ’44, non ancora cinquantenne. Moriva in un ospedale austriaco dopo un bombardamento aereo su Innsbruck. Di fronte alle opere di Hess si restava tra colpiti e incerti. Colpiti dal riconoscere i germi migliori di quell’arte che nei popoli di lingua tedesca spaziò tra le due guerre; incerti in molte motivazioni ambientali ed estetiche. Ora ritrovo Hess in una vasta mostra retrospettiva organizzata dall’Assessorato e dall’Azienda autonoma di turismo di Palermo in collaborazione col Goethe Institut e la Cassa di Risparmio per le province siciliane, col patrocinio del presidente del Parlamento europeo.

Un altro scorcio della Mostra di Hess a Palermo

Che valesse la pena di riesumarlo dalla polvere è indubbio; restano però alcuni interrogativi nelle scelte e le difficoltà di allacciare tra loro certi fili. La puntuale introduzione al catalogo di Marcello Venturoli traccia una panoramica informata e convincente ma non scioglie alcuni dubbi. Hess venne in Sicilia quando ormai la sua formazione artistica era compiuta. Lasciava quella Mitteleuropa suicida per inerzia e degradazione di dirigenti e tuttavia viva di spiriti magni. Alcuni di costoro li aveva avvicinati, ne aveva ricavato succhi e umori. Arrivò nell’isola forse spinto da un goethiano amore di luce più che da prime necessità pratiche. La scoperta solare diede un giro di boa alla sua pittura, ma non fu ricambiato dall’ambiente e da possibili contatti locali. Più che conversazione il suo fu un soliloquio con la Sicilia, ma amaro e lungo monologo destinato a spegnersi.
Eppure Hess comprese non pochi aspetti della condizione umana di quei luoghi sui quli soffiavano i venti dello Stretto. Lo scirocco non era il Föhn della sua terra però ne conservava qualche traccia nelle angosciose memorie. E i cieli, i colori di smalto dissolvevano le nevi lontane, alle quali Hess tentò di agganciare gli anelli di una catena poetica e culturale.

Chi volesse andare più a fondo nella psicologia del personaggio (che è poi il riflesso della pittura) potrebbe (dovrebbe) leggersi quella “Marcia di Radetzky” di Joseph Roth, dove la storia di una generazione perduta si lega disperatamente a quella nuova nel tentativo di passare la parte di luce migliore. Hess veniva dall’incudine di un mondo non ancora dissolto e il suo martello batteva un po’ alla cieca, ricavando vigore dalla Sicilia. La quale puntualmente non lo intese. Troppo facile e scontato dire che qui abbia ricavato solo alcune soluzioni di chiarezza del colore e qualche modo di racconto insolito. In realtà si avvertono brividi di una ricerca più profonda, la quale prelude a tentativi di innesto di una pittura a ponte tra la società da cui proveniva e quella che aveva sotto gli occhi. Ambizioso innesto, però non sempre rimasto allo stadio di intenzione.

Tra le due guerre e le due culture egli venne a cercare una soluzione mediana, pronta a svilupparsi secondo un canone rimasto molte volte nella fase di ricerca. Ma dove un impeto di cercata libertà lo avvicina allo stato di grazia, la sutura appare possibile. Comunque bisognerebbe avere di fronte tutte le opere, specie quelle realizzate dal ’37 in poi, quando riprese la strada della sua terra. Di lui bisognerebbe scoprire anche gli esili fili di rapporti coi pittori isolani. Se li ebbe, quasi tutto inclina a credere di aver dato Hess molto di più di quanto non abbia ricevuto. Chi vide i suoi quadri (e non era impossibile), potrebbe aver ricavato una linfa e una spinta da non trascurare.

Giuseppe Servello