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Un angolo
della Mostra della Riscoperta di Hess
nel Palazzo del Turismo di Palermo (1974) |
Un
paio di anni fa mi accadde di essere invitato
a Messina per vedere le opere di un pittore praticamente
sconosciuto, tedesco di origine
e divenuto, nel tempo, che va dal 1925 al 1937,
siciliano con qualche ramo di elezione.
Si cercava di catalogarne il lavoro, rimettendo insieme
le tessere di un mosaico denso e pieno in molte parti e
lacunoso in altre. Il pittore Christian Hess, quasi
coetaneo di Max Beckmann, era stato in buon sodalizio
con questo artista, aveva aderito al movimento dello
Juryfreie, in Germania aveva partecipato
a mostre notevoli fino al momento in cui Hitler aveva
deciso di bruciare l’arte degenerata e si era poi
allontanato lentamente dalla sua terra (ma non per sua
colpa). Nel ’44, non ancora cinquantenne. Moriva in un
ospedale austriaco dopo un bombardamento aereo su
Innsbruck.
Di fronte alle opere di Hess si restava tra colpiti e
incerti. Colpiti dal riconoscere i germi migliori di
quell’arte che nei popoli di lingua tedesca spaziò tra
le due guerre; incerti in molte motivazioni ambientali
ed estetiche. Ora ritrovo Hess in una vasta mostra
retrospettiva organizzata dall’Assessorato e
dall’Azienda autonoma di turismo di Palermo in
collaborazione col Goethe Institut e la Cassa di
Risparmio per le province siciliane, col patrocinio del
presidente del Parlamento europeo.
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Un altro
scorcio della Mostra di Hess a Palermo |
Che
valesse la pena di riesumarlo dalla polvere è indubbio;
restano però alcuni interrogativi nelle scelte e le
difficoltà di allacciare tra loro certi fili. La
puntuale introduzione al catalogo di Marcello Venturoli
traccia una panoramica informata e convincente ma non
scioglie alcuni dubbi.
Hess venne in Sicilia quando ormai la sua formazione
artistica era compiuta. Lasciava quella Mitteleuropa
suicida per inerzia e degradazione di dirigenti e
tuttavia viva di spiriti magni. Alcuni di costoro li
aveva avvicinati, ne aveva ricavato succhi e umori.
Arrivò nell’isola forse spinto da un goethiano amore di
luce più che da prime necessità pratiche. La scoperta
solare diede un giro di boa alla sua pittura, ma non fu
ricambiato dall’ambiente e da possibili contatti locali.
Più che conversazione il suo fu un soliloquio con la
Sicilia, ma amaro e lungo monologo destinato a
spegnersi.
Eppure Hess comprese non pochi aspetti della condizione
umana di quei luoghi sui quli soffiavano i venti dello
Stretto. Lo scirocco non era il Föhn della sua terra
però ne conservava qualche traccia nelle angosciose
memorie. E i cieli, i colori di smalto dissolvevano le
nevi lontane, alle quali Hess tentò di agganciare gli
anelli di una catena poetica e culturale.
Chi volesse
andare più a fondo nella psicologia del personaggio (che
è poi il riflesso della pittura) potrebbe (dovrebbe)
leggersi quella “Marcia di Radetzky” di Joseph Roth,
dove la storia di una generazione perduta si lega
disperatamente a quella nuova nel tentativo di passare
la parte di luce migliore. Hess veniva dall’incudine di
un mondo non ancora dissolto e il suo martello batteva
un po’ alla cieca, ricavando vigore dalla Sicilia. La
quale puntualmente non lo intese.
Troppo facile e scontato dire che qui abbia ricavato
solo alcune soluzioni di chiarezza del colore e qualche
modo di racconto insolito. In realtà si avvertono
brividi di una ricerca più profonda, la quale prelude a
tentativi di innesto di una pittura a ponte tra la
società da cui proveniva e quella che aveva sotto gli
occhi. Ambizioso innesto, però non sempre rimasto allo
stadio di intenzione.
Tra le due guerre e le due culture egli venne a cercare
una soluzione mediana, pronta a svilupparsi secondo un
canone rimasto molte volte nella fase di ricerca. Ma
dove un impeto di cercata libertà lo avvicina allo stato
di grazia, la sutura appare possibile. Comunque
bisognerebbe avere di fronte tutte le opere, specie
quelle realizzate dal ’37 in poi, quando riprese la
strada della sua terra.
Di lui bisognerebbe scoprire anche gli esili fili di
rapporti coi pittori isolani. Se li ebbe, quasi tutto
inclina a credere di aver dato Hess molto di più di
quanto non abbia ricevuto. Chi vide i suoi quadri (e non
era impossibile), potrebbe aver ricavato una linfa e una
spinta da non trascurare.
Giuseppe Servello
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