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Christian Hess "Autoritratto"

 


Retrospettiva di Christian Hess

Bruno Morini

Il Giornale d'Italia - Arte
Roma 29-30 gennaio 1975

Lo scorso dicembre, al Palazzo del Turismo di Palermo, si è ripreso, dopo una interruzione di trent’anni, il discorso sull’opera del pittore e scultore tedesco Christian Hess, uno degli artisti di maggior talento usciti, tra il ‘20 e il ’40, dalla Scuola di Monaco e prematuramente scomparso nel 1944, non ancora cinquantenne. Lo si è ripreso, tale discorso, con una retrospettiva di circa 150 opere, promossa da eminenti critici e da uomini di cultura, e sostenuta dalla Regione Siciliana che ha voluto rendere omaggio al pittore, per il quale la Sicilia, fu come una seconda patria durante gli anni dell’esilio, Hess, che ebbe una vita molto travagliata, trovò infatti,  nell’isola mediterranea dove soggiornò a più riprese, amicizia e comprensione, oltre ad uno stimolo creativo che ha lasciato inconfondibili tracce in buona parte della sua pittura e della sua scultura (particolarmente riguardo a quest’ultima, nei pupazzi intagliati in legno alla maniera dei carrari di Bagheria).

Ora quella mostra, o meglio, una selezione di essa, risalendo dalla Sicilia verso il Nord, quasi in un viaggio di ritorno dell’artista tedesco, in una sua restituzione alla cultura europea cui appartiene, è stata riallestita a Roma nelle sale del “Goethe Institut”, via del Corso 267. Le opere qui esposte sono soltanto 60, e per la gran parte dipinti, chè la parte grafica ammonta soltanto a tre chine, due matite e una puntasecca, e sono assenti le sculture (delle quali, d’altra parte, non è rimasto quasi nulla), ma, anche così ridotta, l’attuale retrospettiva romana è sufficiente ad inquadrare la figura di Christian Hess e a far comprendere tutto il valore di questa “riscoperta”.

La maggior parte delle sue opere fino allo scorso novembre, si trovava a Messina, città dove più a lungo aveva soggiornato e più serenamente e proficuamente lavorato, e su quei dipinti - forse i più cospicui e significativi dell’intera produzione dell’artista - è stata imperniata la mostra palermitana, ordinata a suo tempo da Marcello Venturoli, che, con Leonardo Sciascia, Hans Heckstein e Nuccio Cinquegrani, ha anche collaborato alla stesura del catalogo monografico (pubblicato dalla Cassa Centrale di Risparmio per le province siciliane), con cui si è inteso affiancare l’iniziativa della Regione e offrire alla ricerca storica e alla critica nuovi elementi sulla pittura tedesca del buio periodo degli anni Trenta.

Di tali opere, nella ben selezionata raccolta romana, ne figurano non poche, e tuttavia ne basterebbero anche molto meno a indicarci la statura e la levatura di questo outsider della pittura centro-europea fra le due guerre; basterebbero quel formidabile ritratto, dipinto nel ’22, che è la “Baronessa con veletta”, lo stupendo “Caprone e fichidindia” del ’27, lo squisito “Piccioni sulla terrazza” del ’33, il rosso, luminoso, ineffabile nudino di “Suggestione”, del ’34 e le due nature morte del ’35 (con fiasco e pere e con asso di fiori), grondanti di tutta la nostalgia di Hess per la sempre sospirata e mai raggiunta Parigi di Braque.

Louis Christian Hess è nato a Bolzano nel 1895, da padre germanico e madre austriaca. Dopo aver preso parte alla Grande Guerra, nel corso della quale disegna manifesti e cartoline per l’esercito, s’iscrive nel ’19 all’Accademia di Monaco e l’anno seguente già comincia ad esporre. Ma per vivere è costretto ad eseguire, nel Museo di Vienna, copie di quadri famosi. Nel ’25 viene in Italia e continua in questo lavoro, frequentando, a Firenze, Palazzo Pitti e gli Uffizi. Nello stesso anno si reca per la prima volta in Sicilia, dove, a Messina, vive una sua sorella. Il ’27 vi ritornerà e sarà tutto un anno di intenso, appassionato lavoro. Nel ’29, in Germania, aderisce al movimento “Juryfreie”, ritenuta un gruppo culturale bolscevico. Hess, ormai costretto a dipingere di nascosto, si trasferisce di nuovo nell’amata Sicilia e qui trascorrerà un altro lungo e tranquillo periodo, fecondo di opere ispirate a quei colori, a quei paesaggi, a quell’umanità che più che mai l’entusiasmano e dei quali più che mai s’impregnerà la sua tavolozza. Sono di quel periodo il già citato “Piccioni sulla terrazza”, un vero piccolo capolavoro, i “Pescatori di Taormina”, dai gesti antichi e solenni come il mare; “L’indovino” (una specie di popolaresco riassunto siciliano) e alcuni degli acquerelli più felici.

Nel 1940, ritornato incautamente a Monaco, viene fermato dalla polizia militare ed è costretto ad arruolarsi. Tuttavia, per le sue precarie condizioni di salute, è assegnato al servizio postale. Ma la guerra lo raggiungerà lo stesso, nel novembre del ’44, e sotto forma d’un bombardamento aereo su Innsbruck, dove il pittore si trovava, lo ucciderà.             

                                                                                              Bruno Morini