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					Così scriveva nel 1929 Wilhelm Hausenstein nel suo 
					Kunstnotizbuch. Al qui menzionato Christian Hess, allora 
					trentaquattrenne originario di Bolzano, ci riporta una vasta 
					esposizione del Kunstverein di Monaco, già presentata dal 
					Goethe Institut in alcune città italiane ed anche ad 
					Innsbruck e a Passau. Anche Hess apparteneva ai giovani 
					talenti degli anni Venti che dal Nazionalsocialismo furono 
					osteggiati e interdetti come bolscevichi della cultura, Lo 
					stesso Hess poteva lavorare solo in condizioni proibitive 
					fino a quando nel 1944 morì, vittima di un bombardamento 
					aereo, nell’ospedale di Schwaz.  
					Dai 
					quadri della mostra appaiono palesi i 
					conflitti del giovane pittore con le correnti artistiche 
					dell’epoca. L’impressionismo o l’espressionismo vengono 
					presto cancellati e nel neorealismo e nel cubismo degli anni 
					Trenta (quest’ultimo è rappresentato da una serie di belle 
					nature morte) Hess trova il modo di esprimersi nella maniera 
					a lui più congeniale. Talvolta si è indotti ad avvicinare 
					Hess ad Hofer o a Beckmann, ma ciò che desta viva attenzione 
					non è l’eventuale autonomia di Hess nell’ambito dei 
					movimenti artistici contemporanei, quanto la sua maestria 
					che talvolta si manifesta nella armoniosa compostezza delle 
					figure concentrate con vigore nel quadro.  
					
					
					Ciò realizza un rapporto di tensione incisivo tra figura e 
					spazio, tra quadro e realtà nella quale questa pittura 
					sembra aver trovato i suoi toni essenziali: le figure 
					appaiono ammassate in breve spazio in primo piano e, lì dove 
					nella profondità dei quadro si evidenzia,  lo spazio appare 
					scisso (metafisicamente enucleato) dalla azione delle figure 
					e sembra irreale e irraggiungibile per le figure stesse. 
					Queste sono talmente in primo piano che appaiono come un 
					ritaglio di particolare, delimitato dalla cornice, sì da 
					sembrare compresso, in procinto di esplodere nello spazio 
					del quadro. Dentro la cornice il dipinto diventa 
					comprensibi1e e sperimentabile, ma nello stesso tempo indica 
					il proprio limite dimensionale di fronte alla realtà che 
					intende rappresentare.  
					                                                                                                
					   
					
					
					                                                                                       
					Jürgen Morschel  
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