Critica

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Guttuso - Autoritratto


Riscoprendo Guttuso

di Michele Steinfl
Roma, 24 gennaio 2012

   
 

E’ stato più volte scritto che il cosiddetto “realismo sociale” di Renato Guttuso affiori e si affermi per la prima volta a partire dalla fine degli anni ’30 e gli inizi degli anni ’40, soprattutto con opere come “La fucilazione”, “Fuga dall’Etna”, “Crocifissione”. Un realismo sociale che accompagnerà, in molti modi ed in diverse declinazioni, tutta la longeva e prolifica produzione artistica del grande Maestro, ma che appare a chi scrive avere a che vedere più con una scelta di “contenuti” che non di forma. E’ un realismo che trae la sua fonte di ispirazione concettuale primaria dalle influenze ambientali esterne all’attento e sensibile sguardo di Guttuso, dalle diverse epoche storiche da lui attraversate e dai momenti salienti che queste stesse epoche hanno finito per l’artista con lo stigmatizzare ed immortalare, sottolineandone, da parte di chi ritraeva, la loro importanza storica, politica e morale.

Guttuso - Fuga dall'Etna 1938-39

In primis, pertanto, al di là di ogni militanza, schiera-mento politico o ideologia, a colpire l’interesse è sicuramente l’incisiva e appassionata tensione vitale e creativa dell’uomo-Guttuso il quale non appare sulla scena del mondo come un individuo senza passioni
o come un “uomo senza qualità” alla Musil, ma che si sforza di vivere al massimo dell’intensità la vita dentro
di sé e intorno a sé, avvalendosi del forte potenziale espressivo dell’arte e mettendosi alla ricerca  -  usando le sue stesse parole - della “totale libertà nell’arte, che come nella vita, consiste nella verità”. Una verità talvolta forse parziale e personale, ma non per questo meno soggettivamente ideale e meno vissuta, meno “sua”. Un realismo dei concetti e dei contenuti, si diceva, ma che dal punto di vista formale, pare a chi scrive, non essersi mai ritrovato scisso e separato dai principi di fondo dell’espressionismo, anzi: il realismo sociale di Guttuso scaturisce dall’espressionismo, quello dei primi motivi paesaggistici e regionali che troveranno spazio nella Prima Quadriennale di Roma, e nell’espressionismo si sviluppa, cresce e matura.

Guttuso - Crocifissione 1940-41Se per espressionismo intendiamo l’intenzione dell’artista di affermare un rapporto creativo “centrifugo” nei riguardi della realtà rappresentata, piuttosto che “centripeto”, come è invece tipico del realismo naturalistico, e che quindi la realtà raffigurata appaia nell’opera conformata e assimilata al vissuto emotivo interiore e soggettivo dell’artista, piuttosto che alla sua oggettiva apparenza, ecco che opere come la “Fucilazione”, o la “Crocefissione”, o il “Boogie Woogie”, dimostrano di essere abili e vertiginosi virtuosismi dove il realismo socio-politico-esistenziale è tutto impregnato, trasformato e ridato a nuova vita espressiva e comunicativa attraverso la liberatoria scelta stilistica dell’espressionismo che, non dimentichiamolo, per molti illustri artisti, in epoche storiche di tetri climi dittatoriali e di dure persecuzioni, rappresentava la valvola di sfogo espressiva e comunicativa per eccellenza per riconferire dignità allo spirito umano e al suo atavico ed irrinunciabile anelito alla libertà.
 

Guttuso - Fucilazione in campagna

Nella “Fucilazione”, tema che anche Goya aveva a suo modo magistralmente toccato, il contenuto realistico stà tutto nel dato di fatto della condanna a morte che stà per abbattersi su un gruppo di quattro uomini. La forma espressionistica, la dimensione di libertà inventiva e creativa dove interviene l’artista, sta, d’altra parte, tutta nella evidente incarnazione progressiva da parte di ciascuno dei 4 personaggi di una generazione differente, a partire dal ragazzo in primo piano, dall’aspetto pensoso, che guarda per terra forse pensando a quanto sia difficile accettare di vedere spezzata così presto la propria vita, o agli affetti più cari che sta per lasciare per sempre; seguito da una figura probabilmente di qualche anno più grande di lui, con una mimica tesa e sofferta ma con una postura più dritta del suo primo compagno al fianco; il terzo uomo dimostra un tipo di approccio alla drammaticità della situazione ancora diverso rispetto ai primi due, dimostrando così di possedere uno stato emotivo più distaccato e disincantato, quasi rassegnato, per arrivare infine all’ultimo misterioso personaggio di questa “quaterna espressionistica” (pur nel realismo circostanziale), che, unico tra tutti, tiene la testa abbassata, un po’ come se stesse ritrattando tra sé e sé le scelte compiute che lo hanno condotto fino a quella situazione, come se se si fosse ravveduto, come se fosse pentito. Facile immaginare, realisticamente parlando, un plotone di esecuzione davanti a quattro condannati a morte, più difficile invece, ed è qui che l’artista sconfina volutamente nell’espressionismo formale, immaginare quattro diversi “gap generazionali” ciascuno caratterizzato da una diversa reazione davanti al plotone di fucilazione e tutti “casualmente” disposti sequenzialmente uno accanto all’altro.

Guttuso - Boogie Woogie 1953Mi pare di intravedere un rapporto di stili simile, benché di fronte ad uno spunto dalla quotidianità di tutt’altro genere, nel “Boogie Woogie” del ’53. Anche qui, realisticamente parlando, l’artista deve essersi trovato nella condizione di assistere, una o più volte, al ballo da parte di coppie di giovani dei primi anni ‘50 del celebre Boogie woogie, ballo appunto importato in Europa dagli Americani nel secondo dopoguerra, insieme a determinati oggetti e codici comportamentali che per i giovani dell’epoca simboleggiavano per eccellenza la libertà da poco riconquistata e la ripresa della vita nel nuovo periodo di pace che così cominciava. Ma l’artista “espressionista” non sembra lasciarsi facilmente coinvolgere o “convincere” da quella nuova cultura che si stava affermando nel Vecchio Continente, nonostante la vittoria nella guerra e la sconfitta del regime fascista. Siamo qui, già in piena guerra fredda e il nostro artista, ex-partigiano e simpatizzante del Partito Comunista, ci lascia con questa tela uno spaccato sconcertante sul suo grande dubbio e sulla sua perplessità non tanto, stavolta, nei riguardi del presente, come sul tema della fucilazione, quanto del futuro della sua e della nostra stessa società. Le uniche coppie a sorridere mentre ballano e a dare davvero l’impressione di starsi divertendo sono quelle sullo sfondo del quadro.

Espressionisticamente parlando, dati i salti di qualità delle mimiche espressive, qui per l’artista lo sfondo rappresenta “i primi tempi”, i primi anni, i primi momenti della crescente americanizzazione culturale del nostro Paese. Va bene la fine della guerra, vanno bene le celebrazioni e i festeggiamenti dei vincitori. Ma a cosa porterà, a lungo andare, questo stato di cose fatto di spensieratezza, svago e distrazione, dove potrà condurre una accettazione cieca ed a-critica di questa nuova cultura? Le prospettive, per l’artista, potrebbero destare preoccupazione: le coppie del quadro, procedendo dal fondo verso i piani successivi, sorridono sempre di meno e acquisiscono mimiche e movenze sempre più tese e nervose, come se stessero ballando per dovere più che per piacere, come se con i pensieri, consciamente o inconsciamente, fossero altrove. Il tutto fino al tavolino sulla

destra in primo piano, dove siede una ragazza che tra il fumo e un bicchiere, ha uno sguardo malinconico e perplesso, pieno di dubbi e di domande, se la vita stia tutta là e se il Boogie Woogie sia sufficiente a liberare le menti e a risolvere i problemi di una società nuova. Una società che cerca di rifondarsi e di guardare avanti, o non sia piuttosto una falsa panacea, simbolo di una cultura, quella americana, così diametralmente lontana a quella a cui l’artista si è sempre dichiaratamente ispirato, mai riuscita a porsi nei riguardi della sinistra come un punto di riferimento “convincente” dal punto di vista politico, culturale e morale. Anche in questa opera, pertanto, al di là del pensiero politico e ideologico di Guttuso, troviamo dimostrazione come realismo ed espressionismo del grande Maestro si intreccino inscindibilmente. Il ballo del Boogie Woogie è il pretesto realistico per trasformare la sala da ballo in una espressionistica sfilata generazionale a partire dal presente che il Guttuso vive e vede con i propri occhi, fino ad un non ben definito “domani”. E’ un’opera che lancia molte domande, ma senza proporre con questo necessariamente risposte o soluzioni. E’ un silenzioso allarme, un tacito grido, espresso in ultimo soprattutto con l’immobile preoccupazione della ragazza seduta al tavolino, portatrice di tutti i dubbi e gli interrogativi ancora irrisolti nei riguardi del futuro di Guttuso stesso.

                                                                                                                                                          Michele Steinfl