Giuseppe Burgio
Caltanissetta 1941
dal 1978 risiede e opera a Reggio Emilia

Ha iniziato a dipingere da ragazzo imparando da un pittore-madonnaro,
tale Matteo Presti, e in seguito si è formato al Liceo Artistico di Palermo e all’Accademia di Roma. La sua pittura fin dagli inizi ha avuto quei connotati tipici dell’espressionismo tedesco a cui Bugio si è avvicinato molto presto proprio per affinità caratteriale e per la lettura intimistica dei fatti del mondo.
Durante il periodo romano ha fatto gruppo con pittori di diversa nazionalità. Dal 1970 al 1974 ha ampliato la sua ricerca verso altri materiali producendo una serie di sculture con scarti di ferro di notevole potere evocativo. Nel 1965 ha abbandonato, per motivi politici, le gallerie e gli spazi espositivi pubblici. Una assenza durata 25 anni. Ha ripreso ad esporre nel 1990, dopo la caduta del muro di Berlino, con una antologica nella sua città natale, Caltanissetta, su invito del Comune e la presentazione in Catalogo di Vincenzo Consolo.
Si sono poi susseguite numerose personali e la partecipazione a collettive in diverse città italiane e alle mostre mercato Arte Roma, Arte fiera Padova, Arte fiera Bari, Biennale di Vittoria, Etruria Arte e Immagina di Reggio Emilia.
Sue opere si trovano alla Galleria d’Arte Moderna dell’Aquila, a Palazzo Bauffremont di Caltanissetta, alla Fondazione Marzullo di Taormina, alla Fondazione Renzo Melotti di Ferrara e in molte collezioni private e pubbliche sia in Italia che all’estero.
“La pittura di Burgio, esule dalla sua terra da decenni e decenni, vagheggia e idealizza - osserva il critico Sergio Spadaro - una realtà scomparsa, perduta per sempre, che ritorna attraverso il filtro della memoria e in questo ritorno si scorpora di ogni peculiarità e particolarità dell’esistenza concreta. E’ come se Burgio, nell’atto di lasciare la Sicilia tanti anni fa, avesse guardato in faccia la Medusa e da allora fosse rimasto pietrificato, condannato a ripetere parvenze che, avendo perduto il soffio vitale, si esaltano perché appunto sono mentali. Oltretutto, sotto l’aspetto più squisitamente pittorico, il suo acceso cromatismo, che ha abbandonato ogni sfumatura di tonalità a favore di accostamenti sempre più timbrici e dissonanti, è proprio la traduzione diretta di questa fissità astrattivamente mentale.
Questa Sicilia-tipo di Burgio è dunque quella che proviene da tanto paesaggismo isolano in cui il binomio luce-colore ha funzione di esaltazione reciproca: dove il primo termine è in funzione del secondo e il secondo del primo”.