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Guglielmo Coladonato
L’atmosfera della sua terra d’origine, l’Abruzzo “aspro e gentile”, accompagna lo sviluppo artistico di questo “pittore dall’estro fervido, vivace nella sua coloristica e interessante nella scelta dei soggetti”, come lo descrive l’ Enciclopedia dell’Arte Italiana per il Mondo. Da aggiungere che Coladonato preferisce realizzare i suoi dipinti ad olio su faesite, spesso sulla parte ruvida, dove non è possibile avere ripensamenti, anche perché considera questo tipo di supporto superiore alla tela per la conservazione dell’opera e dei colori.
Secondo i critici la pittura di Coladonato spazia dal figurativo al simbolismo-surreale con pennellate ora morbide, per esprimere la grazia femminile, ora fantasiose come se fossero scalpellate nel colore e nella luce delle figure, dei paesaggi, delle nature morte per risvegliare il travaglio interiore e le contraddizioni della vita stessa.
La sua infanzia venne fortemente segnata dalla sofferenza: dopo la morte della madre, l’arroganza di un padre-padrone lo costrinse a fare il pastorello-bambino in solitudine sul colle dell’Irco, dove cominciò a scolpire le prime pietre, la sua adolescenza attraversò poi le drammatiche vicende della seconda guerra mondiale, con il conseguente sbandamento e la perdita di un occhio per lo scoppio di un ordigno, finché non trovò accoglienza nel Villaggio del Fanciullo di Silvi Marina e avviato alla scultura. La svolta verso la pittura avviene dopo l’incontro a Chieti con i fratelli Tommaso, Giuseppe e Michele Cascella che lo incoraggiano a frequentare il locale Istituto d’Arte. Conclusi gli studi, motivi di lavoro lo portano prima in Piemonte, al Tribunale di Saluzzo, e nel 1961 alla Corte d’Appello di Roma dove presterà servizio fino al 1970. Ormai è consapevole che la sua vera vocazione è la pittura, dato che già dal 1967 partecipa a mostre collettive in diverse città italiane. Da allora ai tempi d’oggi Coladonato ha allestito un centinaio di mostre personali alcune delle quali in sedi prestigiose: Museo di Roma, Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, Palazzo delle Nazioni Unite di New York e in Gallerie di Parigi, Londra, Caracas, Svizzera, Belgio, Canada, Australia, ottenendo premi e riconoscimenti. Sue opere si trovano in musei e collezioni private di vari paesi.
Tra gli ammiratori del talento di Coladonato sono da ascrivere il grande pittore Salvator Dalì, conosciuto personalmente nel 1967 durante una vacanza in Spagna, che gli profetizzò un luminoso avvenire, e il noto scrittore abruzzese Ignazio Silone che nel 1977, un anno prima della scomparsa, volle conoscere l’artista e visitare il suo studio sulla via Aurelia a Torrimpietra e lo definì “un pittore della realtà, colmo di fuoco, sempre alla ricerca di momenti pieni di pathos e di umanità”.
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