Sergio Spadaro
S.Teresa Riva (Messina) 1933
 

 

Nato sulla costa jonica messinese, dopo la laurea è vissuto dapprima in Sicilia e dal 1968 al Nord (Piemonte).

Risiede a Milano dalla fine del 1997. Collabora con interventi critici su varie riviste letterarie.
Ha pubblicato: con le Edizioni del Leone (Spinea-VE) “Nel rogo” (1987), “Sotto lo stesso cielo” (1991) e “Sàvoca”; con le Edizioni Tracce (Pescara) “La Kore d’Hipponion e altri poemetti” (1994);



 

  

con Galli Thierry Stampa (Milano) “Onda mediterranea” (2000); con Ismeca Editrice - Bologna (2010) “Piccolo cabotaggio” Selezione di saggi e recensioni letterarie (1978-2008); con le edizioni ACR dell’Associazione Christian Hess ha pubblicato il saggio Espressionismo Siciliano (2011); con Ismeca Editrice (Bologna 2014) “Lontananze e risacche” Saggi e recensioni letterarie (2005-2013) e in appendice introduzione e versione de “Il Cimitero marino” di Paul Valery, con un disegno di Michele Spadaro.

“La sua poesia - ha scritto di lui Paolo Ruffilli - nasce dalla sintesi di due elementi fondamentali: un talento naturale, frutto di vocazione e manifestazione lampante di temperamento tipicamente mediterraneo, e una cultura stratificata, di specie insieme umanistica e scientifica”.
Tale mediterraneità è stata individuata e precisata da Eugenio Vitarelli come jonicità, vale a dire - secondo la formulazione che ne ha dato Fiore Torrisi - la sua “vocazione evocativa come potenzialità visionaria molto simile alla religiosità di fronte agli eventi e all’anima del mondo”.

L’intreccio di cultura umanistica e scientifica è palese anche nella collezione di “poemetti narrativi” che mettono allo scoperto i nervi dolenti, non già della tecnologia in sé, ma dell’uso disumanizzante che ne è stato fatto.
 

 

 

 

Primavere, estati

Quando le primavere urbane, sfatte,
non agli zefiri del nord piegavano
ma a scirocchi densi, che dallo Stretto
entrati a mo’ di barbari cavalli
ingolfavano cardi e decumani,
e carpi s’indurivano e per gemme,
chicchi, bacche e drupe c’era l’attesa
d’una sfericità che non sarebbe
più delusa: per me giungeva l’ora
della vacanza estiva da mia nonna,
nel ventoso villaggio in riva all’ Jonio

 Il prima e il dopo

Non è ch’io la possegga la saggezza.
Figlio dei tempi, come te m’affanno.
Ma appartenendo a razza quasi estinta
mi resta la memoria, quella storica.
Conosco il prima e il dopo, la frattura.
E benché sappia quanto fosse asfittico
il prima, ne conservo le pagliuzze
tuttora rilucenti per saggiare
se nello squallore del dopo esista
qualcosa che le possa stare a fianco
ed abbia fondamento per durare.
 

 Gli spazi terrestri

I padri incivilirono le selve.
Riuscirono financo a dare forma
agli spazi terrestri, come vedi
ancor oggi (ma per quanto?).
Perché è terra di cipressi la
Toscana? Solo il clima?
Quell’albero segnò per secoli
i bisogni di domestico arredo:
fu mobilio e fu la bara.
Si piantò a ogni nascita di bimba,
perché serbasse adulto la sua dote.
Il nuovo s’innestò senza sussulti
sull’antico, il futuro fu speranza:
i padri ancora avevano saggezza.
 

 Le poesie di Sergio Spadaro sono tratte da “La Kore d’Hipponion” (e altri poemetti) - Edizioni Tracce - Pescara 1994