Criticism

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Alla scoperta di Christian Hess

Carlo Galasso
 
"Alto Adige" Bolzano - 25 maggio 1975
 

Per farsi un’idea il più possibile vicina alla realtà della personalità di Christian Hess (fu segnato in anagrafe come Alois Anton, ma preferì attribuirsi il nome di Cristiano), cioè a dire dell’artista nato a Bolzano il 24 dicembre 1895, e di cui si festeggia ora la scoperta con una vistosa esposizione nelle sale della galleria “Goethe”, è necessario ripercorrere brevemente il tormentato curriculum della sua esistenza. Quando Christian ebbe i natali nella casa di via dei Portici 72, probabilmente suo padre, Dominikus, si rallegrò pensando che il ragazzo avrebbe abbracciato la tranquilla professione del genitore, cioè quella di impiegato pubblico. Gente pacifica (la madre Rosa Mayer, era una donna di buona pasta tirolese), aspirava alla quiete serena di una regolare stipendio mensile, interrotta, semmai, dagli spostamenti – non sempre sgraditi – da una città minore ad una sede più importante. Dominikus, del resto, aveva già emigrato una volta da bambino: La sua famiglia proveniva da Herlatzhofen, nel Wüttemberg. Quando questo robusto staterello nel 1866, si schierò (in un primo tempo) con l’Austria contro la Prussia, le cose si misero male per alcuni fautori dell’impero asburgico, che dovettero cambiare sede. Per gli Hess, Bolzano fu una tappa, un soggiorno decennale di cui perdettero presto il ricordo, trasferiti felicemente nella città di Innsbruck. Qui Christian iniziò gli studi ginnasiali; ma nel 1908, dopo la morte del padre, preferì l’artigianato artistico. Il passo sino a Monaco fu breve. Ma la prima grave interruzione, gli fu imposta dalla conflagrazione europea. Nel 1916, poco più che diciottenne, è chiamato alle armi e spedito in guerra. Riprenderà gli studi accademici alla fine della guerra, ma li completerà alle soglie del trentesimo anno di età. Nel frattempo partecipa a “collettive”, tiene mostre in varie città austriache, compie lavori di scenografia e copia alcune opere celebri di grandi maestri (ad uso di collezionisti): poi, finalmente, nel 1929, entrato nel gruppo dei “fuori giuria” (Juryfreie), partecipa alla mostra nelle sale del Lehrter Bahnof: sono in molti (gli iscritti compresi nel Juryfreie Kunstschau sono ben 440!). Hess viene notato e segnalato, tra una miriade di giovani, ma non emerge. Waldemar Jollos, nelle sue pubblicazioni sull’arte tedesca fra le due guerre, non ne fa cenno. E così altri critici e storici dell’arte, se si eccettui Hans Eckstein che gli dedica un breve, ma significativo appunto critico (è lo stesso Eckstein che ha contribuito alla sua presentazione, nell’attuale manifestazione rievocativa di Bolzano, destinata a spostarsi altrove. 
Ma torniamo alla vita di Christian Hess. Non passa molto tempo e sulla Germania si abbatte la furia nazista. Gli artisti sono subito presi di mira. E’ il 1933 e Christian è costretto ad emigrare. Approda in Sicilia, dove trova asilo presso una sorella, sposata a Messina.
Cominciano nuove difficoltà e nuovi mutamenti di sede; tanto più che nel frattempo si è sposato. Ma nel 1936 riesce a recuperare dalla Germania una parte della sua mobilia e dei suoi quadri e a portarli nell’isola. Nel frattempo visita Firenze e altri centri d’arte. Poi va ripetutamente in Svizzera e, infine, recatosi nel 1940 a Monaco, è arrestato dalla polizia militare. Le sue condizioni di salute sono pessime e viene inviato all’ospedale di Schwabing. Dimesso, si porta a Innsbruck. Lavora come può, fa disegni per ditte commerciali, realizza affreschi a Zirl (palazzo comunale), finisce nuovamente in ospedale: finché il 26 novembre 1944, dopo un bombardamento aereo, muore nell’ospedale di Schwaz. Nella sua vita, travagliatissima, non ha goduto che di brevi spiragli di quiete. Non ha potuto formarsi una personalità autonoma, incisiva, anche se possiede le doti per imporsi. Le vicende della vita gli hanno tarpato le ali. Ecco perché le sue opere da un lato arieggiano qua e là Cezanne e De Chirico, Gauguin e Jodler, Matisse e lo stesso Max Beckmann. Ma il suo approdo più attendibile (pur fra le oscillazioni dall’espressionismo all’astrazione, e da un certo romanticismo magico ad un realismo più pacato) pare quello configurabile nell’arte di Karl Hofer, al quale Christian Hess si sentiva spiritualmente più vicino. Ma mentre Hofer opera con un cromatismo fumoso, fosco, raramente ravvivato da tonalità rosso- azzurre, la tavolozza di Hess, intrisa del fulgore mediterraneo, è assai più ricca e vivace; e sono proprio i lavori eseguiti in Italia quelli che hanno siglato l’autenticità del pittore di Bolzano, che ha saputo sciogliere, al sole della Sicilia, certe forme rigide e quasi catafratte del suo paese di origine, per abbandonarsi all’ebbrezza del colore. Vanno quindi comprese alcune discontinuità stilistiche e certe tautologie (per così dire) ispirate ad altri autori di maggiore possa: Christian Hess visse poco e male, per potere imporre un suo linguaggio e una sua tematica. Tuttavia le sue opere - dalle nature morte ai paesaggi, dai nudi ai personaggi e agli episodi dalla vita della Trinacria - hanno una bellezza e un fascino che sottintendono un’ansia di giungere in un porto, che per Hess non poté mai toccare, e non per sua colpa. E bene hanno fatto il Goethe-Institut di Palermo e, a Bolzano, il direttore della galleria “Goethe”, Ennio Casciaro, a fissare una tappa notevole alla mostra itinerante di un artista che qui vide la luce.

Carlo Galasso