Gli artisti del periodo tra le due
guerre trovano nel mercato, nella ricerca e nella esposizione della storia
dell’arte, sempre crescente attenzione; nelle loro opere si ridesta una
situazione che offre attraverso esperienze sociali, economiche e politiche,
collegate alla lotta per l’esistenza, motivi interessanti e molteplici aspetti.
In uno sguardo retrospettivo ciò diviene evidente in tutti i campi estremi di
intense sensazioni
da
un punto di vista positivo e negativo. La situazione di
crisi portò all’artista – a prescindere dalla necessità materiale – un crescente
bisogno di una immediata e libera espressione di sé. Questo bisogno di
illustrare, criticare, denunciare in modo social-politico era anzitutto tipico
degli espressionisti tedeschi se si volesse esprimere ciò nella realtà dei
complessi differenziati e pur generali. Quelle forze artistiche in Germania
erano i fattori decisivi per una visione della vita che precipitava in una
aggressione spietata, in una ribellione verso i tristi rapporti decadenti, in
una accusa contro lo sterminio dell’umanità. Nella prima fase
dell’espressionismo tedesco erano ancora validi dei temi che si raggruppavano in
puri formali aneliti nella composizione e nella coloritura, ma dopo la prima
guerra mondiale lo scenario della tematica pittorica viene fortemente spinto in
quel campo critico-sociale. Solo pochi di questi aggressori come Max Beckmann,
Gorge Grosz oppure Otto Dix manifestarono quella situazione in maniera spietata.
Per tutti loro si trattò dell’esistenza umana, del rapporto del singolo col
gruppo, di una collocazione sociale simile o differenziata. In questa cerchia
artistica è da porre l’ambito spirituale e stilistico di un pittore della cui
esistenza si venne a conoscenza appena due anni fa: Christian Hess.
Adesso l’opera di Christian Hess
viene
presentata in una mostra itinerante del Goethe Institut di
Palermo
in
collaborazione con il Tiroler Landesmuseum e dell’Istituto Italiano di Cultura
di Innsbruck dal 15 settembre al 31 ottobre 1976 al Ferdinandeum con 60 lavori
di pittura e grafica. La mostra poteva essere visitata dal 1974 a Palermo, Roma,
Padova, Genova, Trieste, Bolzano, Milano, Firenze e Torino e in seguito, dopo
Innsbruck, sarà esposta a Monaco, Zurigo e Vienna.
Le notizie sulla vita e le opere di
Christian Hess
sono rare. Nel catalogo “Tiroler Kunstler” del 1927 (del Tiroler
Landesmuseum) Hess non appare. Domenico M. Ardizzone ha preparato nel catalogo
di Palermo (1974) la documentazione biografica da cui deve essere preso il
riferimento. Contributi di Marcello Venturoli, Hans Eckstein e Nuccio
Cinquegrani illustrano lo sviluppo dell’esperienza artistica del pittore e
grafico Hess. Per la prima volta, quindi, viene intrapreso il tentativo di
analizzare la sua posizione artistica nell’ambito dell’espressionismo e
delineare i punti di riferimento precisi.
Nato da tirolese a Bolzano nel
1895 e
morto a Schwaz nel 1944 dopo un bombardamento aereo a Innsbruck,
Hess ha poco in
comune con il Tirolo. Tutti i soggiorni in patria che si
contano
nelle stazioni
della sua vita vagabonda, lo rendono natio di qui. Dal punto di vista artistico
egli oscilla tra Beckmann e Hofer, tra Cézanne, Dufy e Marquet, ma egli
assimila attraverso la sua lunga permanenza in Italia, specialmente in Sicilia,
dove oggi si trova la sua eredità, quella forma lì generalmente valida di questo
paesaggio meridionale. Attraverso i suoi studi a Monaco egli si confrontò presto
con gli espressionisti tedeschi, fino a quando nel 1928 entrò in quella sfera
attraverso la conoscenza e l’amicizia di Max Beckmann e Carl Hofer.
I quadri e la grafica di Christian
Hess nella loro atmosfera depressiva sono pervasi da un certo pessimismo,
allora molto valido,
che caratterizzò l’isolamento del singolo nel suo ambiente.
Le sue nature morte, i suoi quadri d’architettura, anche i suoi gruppi di
persone diventano una “natura morta”. Nella coloritura Hess passa da accenti di
sfumature impressioniste verso le strutture di luce prese da Beckmann con ampi
modi pittorici e colori chiari, spesso scuri o neri nei contorni. Formalmente
verso il 1922 tende a manifestarsi liricamente, ma sempre nella direzione dei
motivi che si appoggiano alla conformazione dello stile di Beckmann verso uno
stile di forte imponenza plastica. La sua opera acquista verso il 1924-25
sfumature espressive nel senso di Kokoshka, nel 1927-29 disegna gli oggetti
sempre più plasticamente, si avvicina alla pittura delle figure dominanti di Max
Beckmann in cui è presente la vivacità della persona nell’ambiente e
dell’oggetto nella tridimensionalità. Presenze di “deformazione” (doppia
visuale) delle fisionomie nel senso di Picasso diventano attuali attraverso la
mediazione di Carl Hofer, chiari, coloristici dettagli ricordano Dufy, elementi
di collage cubisti di un Braque o Gris vengono espressi nelle nature morte del
1935-38, i chiari valori coloristici negli acquerelli sembrano essere mediati da
Dufy e Marquet, ed il suo tratto di disegno ricorda la maniera della scrittura
scarna, concentrata nella linea di Matisse. I suoi trittici sono impostati nella
formale concezione di quelli di Beckmann o Dix, lasciano la possibilità di una
composizione più ampia e completa. Le sue opere di gruppi ricordano Léger, i
suoi ritratti impostati in semplice riposo classico rimandano alla fase
neoclassicista di Picasso. Ma resta sempre presente l’anelito all’espressivo e
in questo ampio e differenziato complesso dell’espressionismo deve essere
allineato artisticamente Christian Hess.
Una dettagliata
analisi delle sue
opere presenta elementi caratteristici di tutti i pittori qui citati; in un
primo momento ciò potrebbe dare un’indicazione del pittore di una forte
dipendenza artistica: All’inverso qui è evidente quel fenomeno da cui non si è
potuto sottrarre nessuna figura artistica. Le intense possibilità
d’informazioni, i reciproci rapporti di scambi culturali oltre i confini
politici e geografici, davano invece punti di contatto e comunità per ogni
artista che studiava e lavorava nel ventennio, e che quindi ogni tempo – visto
dalla prospettiva odierna – sembra così chiuso ed improntato fondamentalmente
per ulteriori sviluppi. La determinazione di questi punti chiave erano decisivi.
Nel 1929 a Monaco si era legato al movimento Juryfreie nella cui galleria, alla
Prinzregentstrasse furono presentati anche pittori come Picasso, Arp, Max Ernst
e Kurt Schwitters. Fin dal 1928 egli fu indubbiamente legato specialmente con
Beckmann e Hofer, ma non portò avanti quei motivi estremamente aggressivi di
Beckmann, ma formulò, spinto dal suo spirito sensibile ed autocritico, un
proprio linguaggio riservato. La sua arte procedette di più verso una silenziosa
pittura sia nel tema che nel contenuto, non vi sono in lui improvvisazioni,
nessun effetto forte, nessuna vitale accusa prorompente. I suoi visi immobili,
spesso anche non partecipanti, sono introversi e muti.
Per Beckmann l’essere
è un mistero; in questa concezione dell’esistenza sta la sua passione: “Rendere
visibile l’invisibile attraverso la realtà”. Nella sua essenza Beckmann va fino
alla più profonda forma della realtà. Nulla è sentimentale, nulla va perduto
della plasticità spaziale dell’oggetto, della profondità del quadro. I quadri
dipinti da Hess nel 1928, come la severa costruzione “Bracciano”, la “Giacente”
o “M. N con i due figli”, gli ultimi creati a Monaco, o il quadro “Prova al
concerto II”, che nella sua riduzione a chiare linee e nella figura alle spalle
dimostra un marcato riferimento a Max Beckmann, stanno in rapporto di quell’incontro
con Beckmann malgrado la pittura modulata all’interno della superficie dei corpi
e degli oggetti forti e conformati in volumi plastici. Come morbido – e vorremo
dire quasi lirico – è invece il “Balcone in Sicilia” (1928) che rende evidente
una sensibilità ed una impostazione di vita mutata rispetto a Monaco.
All’inverso di ciò si evidenzia la singolarità di Christian Hess nelle sue
molteplici formulazioni coloristiche, che nei quadri dell’anno 1937 “Davanti
allo specchio” e le “Due modelle” o nel maestoso coloristico motivo delle “Tre
modelle” trova un collegamento con Carl Hofer. Qui si specchia una ricca melodia
di opere coloristiche i cui contenuti luminosi sono determinati da uno
straordinario effetto. Nella “fase Beckmann” si ricorda forse anche il suo
studio alla fabbrica di pittura su vetro di Innsbruck, e nella fabbrica di
ceramiche Kuntner a Brunico nel 1912 dove il disegno era l’elemento di
composizione pittorica; questo momento grafico giocò un ben preciso ruolo per
l’impostazione dei motivi fin dai suoi inizi artistici nella scuola statale di
Innsbruck (1908) dove egli compì intagli in legno, linoleum e incisioni per ex
libris. Quadri di queste tecniche furono esposti nella mostra del 1915 nella
Galleria Taxishof di Innsbruck.
Già durante la prima guerra mondiale
che trascorse in gran parte sul fronte delle Fiandre, egli si confrontò con
i musei del luogo, con le correnti della pittura contemporanea della Francia,
Belgio e Olanda. Alla separazione dalle nuove tendenze attuali egli si
contrappose durante il periodo dell’Accademia di Monaco (con il prof. C. Becker-Gundahl) dal 1919 al 1924. A Monaco erano ancora sensibili gli aspetti
del gruppo “Der Blau Reiter” che si era sciolto all’inizio
della prima guerra
mondiale. Monaco era una sorgente di informazioni, anche attraverso i pittori
della “Brücke” ed i Fauves francesi. Qui Hess trovò abbastanza punti di
contatto e nel 1920 trovò anche documentazioni che per la prima volta potevano
essere visti nella mostra “Junge Münchner”. Riferimenti al linguaggio di
Maillols, Dufy, Marquet o Friesz sembrano prevalere nei suoi paesaggi, in cui è
espressa una
consonanza intensamente coloristica; il suo rapporto con la natura anche nei
motivi più tardi, era assolutamente determinato da un’impressione di atmosfera.
Nel 1921 Hess potè esporre le sue
opere alla galleria d’arte S. Martinus nella Odeonplatz di Monaco alla mostra
collettiva “Junge Münchner” con Bosch, Hartman, Kühnel, Liebhart, Nickl,
Siegler, Therhorst ed i plastici Dietz e Miller. Nello stesso anno andò con una
borsa di studio a Gotemburgo, Malmö e Stoccolma e nel 1922 eseguì il ritratto
“Baronessa
con veletta” che si rispecchia
in uno spazio adeguato pur nella stringata rappresentazione
dell’oggetto, la cui raffinata composizione coloristica dipinta
brillantemente con un pallido incarnato, vestito nero
grigio, capelli rossi, dimostra la sua sensibilità coloristica, ma anche nel
modellare del corpo media la plasticità spaziale di Beckmann. Da Innsbruck,
Bolzano, Brunico e Salisburgo Christian Hess nel 1922 va a Vienna. Là la sua
tecnica pittorica dell’uso del colore fu raffinata dallo studio e dalla copia di
Tiziano, Velasquez e innanzitutto del Veronese (1923). Conclusi gli studi
all’Accademia di Monaco tornò nel 1924 a Vienna e si dedicò soprattutto ai
ritratti. Nel 1925 passando per Firenze andò per la prima volta in Sicilia, a
Messina, residenza della sorella, che doveva diventare per lui una nuova patria
(accanto a Monaco e alla Svizzera). Nei paesaggi come “Asinello e fichidindia”,
1925, dipinto a Messina, o nel “Caprone e fichidindia” (1927) elaborato a
Messina, diviene evidente la profonda esperienza di una nuova coloristica, di
una coloristica che precipita in pennellate impresse profonde, pesanti,
splendenti, spontanee e veementi (come in Kokoshka). Il “Nettuno” di Messina
1927 ricorda notevolmente l’effetto coloristico di De Chirico. Negli acquerelli,
come “Donne di Sicilia” (1927) Hess si eleva ai valori del colore luminosi e
solari e si concentra su toni puri, ininterrotti, senza sfumature fa risaltare
blu, giallo, verde e rosso come pastelli e vi interseca il tono della carta come
elemento codeterminante dell’atmosfera (Cézanne).
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Baronesse mit Schleier 1922 (Göteborg) |
Esel unter Kakteen
1925 (Messina) |
Koncertprobe
II
1928 (München) |
Park mit
rotem Stuhl
1929 (München) |
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Der
Schahspieler, 1931 |
Wahrsager,
1933 (Messina) |
Drei
Modelle, 1932 |
Die Modistin,
1932 |
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Qui a Messina, qui in Sicilia
Christian Hess aveva trovato finalmente quel mondo aperto, quasi osannante alla
vita che egli sentì come simile per la sua mentalità sensibile e malinconica. I
suoi rapporti
con la patria, il Tirolo, la sua città di lavoro Monaco, non li
perdette mai negli anni successivi. Seguirono soggiorni a Bolzano, Innsbruck e
Monaco, poi in Svizzera prima di tornare in Sicilia. Alla mostra per gli artisti
tirolesi espatriati “Tiroler Künstler” (1925-26), non prese parte contrariamente
alla notizia di Ardizzone. Nel 1928 seguirono
mostre a Berlino, Braunschweig ed
a Monaco nel Glaspalast; per l’industriale Mayer a Wismar creò un grande
affresco, più tardi inviò bozzetti per un arazzo. Nel 1928 a Francoforte ebbe
luogo l’incontro, così decisivo per lui, con Beckmann dove costui insegnò nella
locale Stadel-Schule fino al 1933. Negli anni dal 1929 fino al 1933 Christian
Hess creò le sue opere più importanti: la figura dominava, scene della vita
italiana di pescatori, marinai, ladri, rappresentazioni del mondo dell’indovino,
bagnanti in spiaggia. Ritratti e paesaggi e nature morte determinano i suoi
temi. Qui egli dunque espresse tutta la sua tavolozza di colori, inizialmente
ancora la struttura con contorni con chiari infracolori, poi sempre più sotto
l’influsso francese di Dufy e Friesz con puri colori di forte tonalità. In gran
parte non sono quadri narrativi, solo le “Donne di Messina” un acquerello del
1931 o “L’indovino” (1933) potrebbero essere valorizzati come quadri di genere
nel senso più ampio. Proprio “L’indovino” vale forse come opera più essenziale e
più centrale tra i dipinti figurativi e i trittici dell’anno 1933: qui si
mescolano nel plastico disegno dei volti elementi alla Beckmann, ma anche forti
affinità nel dare il colore, nella quasi negazione dello spazio (cosa che in
Beckmann era inammissibile), nella decorazione leggera del primo piano e
dell’ornamentale schizzo delle bandiere, alle opere di Dufy. Analogamente ai
trittici di Beckmann creò alla stessa maniera quadri simultanei che in parte
furono usati come “titelmotive” per il Cicerone di Lipsia e lo Jugend di Monaco.
Parallelamente a ciò Hess cercò nell’espressione pittorica un contatto con Carl
Hofer. Il suo “Giocatore di scacchi” (1931) o i molti quadri con modelle e nudi
tendono nella coloritura e nella motivazione depressiva quelle tragiche
solitarie pitture di Hofer. Anche il colorito un po’ scialbo della tavolozza
impregnata di molto nero si impose ad Hess. Certamente questi motivi vennero
incontro al suo carattere, anch’egli cercò il punto di riferimento uomo nel suo
spesso precario isolamento, anch’egli sentì la precaria coscienza per questa
umana esistenza. Carl Hofer che egli incontrò a Roma nel 1931 a Villa Massimo fu
un amico stretto. Nel 1930 Hess creò affreschi a Oeynhausen (Westfalia), nel
1931 bozzetti per il teatro a Breslavia (eseguiti più tardi).
Dopo
che la Juryfreie nel
1933 fu sciolta dal nuovo regime del terzo Reich, Hess cercò una via d’uscita da
questa difficoltà spirituale verso un mondo ancora libero, tornò a Messina,
sposò nel 1934 Cecilia Faesy, tornò con lei in Svizzera, ma lì fu costretto ad
abbandonare la sua attività di libero pittore e dovette dedicarsi alla regia
teatrale ed alla scenografia. La copertina della rivista “Jugend” pubblicava nel
1931 il quadro “Am Wasser” che deve essere considerato il prosieguo delle sue
opere “Pescatore con giubbetta rossa” (Monaco 1929-30), “Matrosen” e “Am Strand”
in quanto lo stile della luce, supportato da strutture grafiche, ci porta alle
tavole dipinte più tardi a Messina. I suoi soggiorni cambiano continuamente,
1936-37 in Sicilia, 1938 in Svizzera, nel Liestal, dove il soggiorno gli fu più
tardi negato dalle autorità svizzere, 1939 al Chiemsee dal suo amico pittore
Franz Gebhardt, 1940 Monaco, 1941 in Axams, Zirl e Innsbruck. Pur tra le pesanti
mancanze di lavoro in questi anni, con l’aiuto di mecenati egli potè creare
grandi affreschi (forse ad Oberwossen in Baviera). Nel 1940 Hess fu chiamato al
servizio civile, poi addetto alle poste, dopo una grave malattia fu trasferito
all’ospedale di Schwabing nel sanatorio di Planegg e più tardi rilasciato per
cui tornò in Tirolo. La produzione della fabbrica di seta a Krefeld per la quale
egli creava i modelli (come Dufy per le manifatture francesi) fu chiusa. In
questo modo andò perduta la base per un’esistenza più o meno ordinata.
Negli ultimi Anni Trenta furono
create
molte nature morte che erano conformate secondo una concezione cubista, come
collage alla maniera di Braque e Gris, trovarono una unificazione di motivi in
bruno e verde. Nella riduzione su costruzioni compatte egli giunse agli stessi
risultati anche nella scultura. Già nel 1939 fino a questa tarda fase di
sviluppo del modellare egli rimase sempre fedele nel movimento dei corpi al
canone parsimonioso delle forme di Maillols.
Degli ultimi
anni della sua vita non
sono noti dipinti e grafica. Sembra che egli avesse già avvolto e completato la
sua vita negli ultimi Anni Trenta e che alla fine della sua vita sia tornato
nella sua patria, il Tirolo, proverbiale della mentalità di un tirolese, ma che
non lo fu in nessuna fase del suo lavoro artistico.
Gert Ammann
Bibliografia:
Catalogo “Christian Hess”,
Palermo
1974
K. Hauser: Ein
Tiroler Maler wieder entdeckt:
Christian Hess
(Tiroler Tageszeitung
del 31 dicembre 1974, pagina
11)
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